IL "LIBERO" FỨTBOLOGICO / IL PALLONE AL CUBO


Una nueva mirada al fútbol que combina cultura, diseño y periodismo con la pasión del deporte más popular. (revistalibero.com)
Un discorso sul calcio da una prospettiva storica, comparatista e contemporanea. Di potere e di cultura popolare. Scienze sociali e fisiche, arte e letteratura. Il pressing alto e Piazza Tahrir. (futbologia.org)

Un paio di mesi fa sono entrato in un'edicola di Gernika e ho chiesto “Libero”. Non l'avrei mai detto. Colpa di Futbologia. Dove per Futbología intendo la *libreria specializzata in fútbol n.1 in Messico*. Un suo tweet mi ha informato dell'uscita di un nuovo trimestrale spagnolo a stampo futbologico, che con il becero “Libero” italico ha ben poco da spartire. Sganciando 5 euro (prezzo onesto) mi sono ritrovato tra le mani 120 pagine di calcio pensato. «Futbolizar la cultura o culturizar el futbol. Esta publicación es un humilde intento por conseguir esos objetivos». Si apre così l'editoriale del primo densissimo numero.

Qualche tempo prima avevo invece notato alcune visionarie menti della mia ballotta di twitter scambiarsi strani messaggi  di stampo calcistico. Da Benevento a Sanremo passando inevitabilmente per Bologna e per Roma. E pure l'amichetto sardo e quello di Bolzano parevano coinvolti. Stavano tramando qualcosa. Era evidente. Senza che fossi io a chiederlo mi arrivarono un paio di mail che svelerano l'arcano. In pentola stava bollendo qualcosa di grosso. Questo qualcosa di grosso all'epoca si chiamava Calcio e Rivoluzione e si sarebbe poi chiamato Fútbologia, proprio come la libreria messicana. «Il progetto è, in un certo senso, il primo esperimento di autoconvocazione della comunità che si ritrova su Giap, con arruolamenti da blog “cugini”. (es. Carmilla)». A parlare è Wu Ming 1. Quelli che hanno inventato Fútbologia sono infatti giapsters, lettori e commentatori frequenti del blog di Wu Ming. I due principali organizzatori poi, sono giapster speciali: Cristiano Presutti aka C. fu Luther Blissett, Luca di Meo aka L. fu Wu Ming 3. Quest'ultimo in un post su Giap definisce Fútbologia come un *progetto lucido e scriteriato*:
Fare una cosa seria, farla bene, su un argomento futile. Parlare di pallone, in un altro modo. Per divertirci. Per parlare di potere, storia, economia, conflitto, neuroscienze e teoria dei giochi a partire da quell’oggetto magico e dalle sue innumerevoli conseguenze. Senza nostalgie, ma storicizzando sempre. Da appassionati, ma guardando la realtà, quella cruda. Consapevoli, ma certi che si può parlare un altro calcio. E giocarne, come i bambini ci insegnano, uno migliore. [...] Coltivare questa risposta zemaniana alla depressione, alla carestia. Attacchiamo. Divertiamoci. Diamo buona prova di noi. Lavoriamo di squadra. Mangiamoci la cultura. Digeriamola, produciamola. Applichiamo soluzioni sghembe. L’uomo in più.


La prima azione futbologica è stato un esperimento via Twitter: lo straniante racconto in "diretta differita" del mondiale di calcio 1982
L'archivio di quell'esperienza è un prezioso tumblr, costola e spin-off del blog principale che ha ospitato e continua ad ospitare articoli di varia natura: recensioni di libri sul calcio, racconti (tra cui le ironiche cronache anticipate di Wu Ming 3), fotoracconti, dettagliate analisi, reportage.  Pure io, proclamato inviato in terra basca durante l'Europeo, ho dato il mio contributo con un paio di post ameni. L'intento del blog e dell'intero progetto è restituire la complessità del fútbol, farne emergere le incongruenze, raccontarne l'epica senza scadere in toni eccessivamente nostalgici, evitare dicotomie e banalizzazioni.
Non vogliamo un blog con post su “belle gioie” e neppure cose da “iene” rancorose. Non bisogna mai dimenticare le contraddizioni che qualsiasi discorso sul – o nel – calcio sottende. Quando se ne parla, occorre tenere presente che calcio significa da una parte potere, economia, malaffare, violenza. Ma significa anche cultura popolare, forme diverse di aggregazione sociale, passione, talento e ideali. Sin dai primi giorni di lavoro sul progetto avevamo ben chiaro che “vogliamo ripensare il calcio” è una frase che non ha senso. Non ci sentiamo più bravi di altri e tantomeno vogliamo “farvi vedere come si parla di calcio”: niente maestrini, niente intelligentoni. Qualche volta ci scappa una mitografia o un’agiografia meno attenta, ma non è nostra intenzione fare “santini”. A noi piace il pallone. Ci piace guardarlo, parlarne, leggerne. Per questo vogliamo organizzare un evento che duri più di un giorno centrato sul calcio. Vogliamo farlo con belle persone. E vogliamo farlo con stile: che significa evitare i soliti discorsi su “era dentro, no era fuori”, “sono 30, no 28”, o “è tutto scommesse e marcio e potere” che, si sa, c’erano anche negli anni ‘30 (come ci ha mostrato Gabriele). E che, anche se non ci piacciono, continueranno a esserci. I bei tempi del calcio non sono mai esistiti. (C.)
Nel corso di questi mesi Fútbologia ha subito imprevisti e mutazioni: ha cambiato vari sottotitoli (dopo l'alternarsi delle diciture *La rivoluzione rotola* e *la rivoluzione rimbalza* si è optato per *Il pallone al cubo*), perso pezzi importanti, acquisito nuovi collaboratori e sostenitori, fallito l'ambizioso tentativo di una tre giorni interamente finanziata dal crowfunding. Protetta dalla mascotte São Pedrinho, solida certezza in un mondo precario, ha saputo resistere alla tentazione di desistere, e ha rilanciato la scommessa attraverso nuovi formati. Sabato 3 novembre a Bologna (presso la Biblioteca Sala Borsa prima e presso Bartleby poi) ci sarà il primo grande evento, che si spera funga da apripista a molti altri. Tra i protagonisti della giornata Valerio Mastrandrea che intervisterà Paolo Solier, e il giornalista brittanico John Foot, preparatissimo e buffo, che ho avuto il piacere di ascoltare a Ferrara un mesetto fa insieme al brillante Simone Kuper, purtroppo assente a Bologna.

 
Intanto è da poco uscito sotto licenza Creative Commons (ma non esiste la versione scaricabile online) il secondo numero di "Libero" - è un trimestrale - che intendo procurarmi al più presto avendo davvero apprezzato la prima uscita, ricca di approfondimenti e interviste, quest'ultime presenti sotto la voce video anche sul sito della rivista.


In Spagna e in Italia sono quindi nati parallelamente due progetti, pur molto diversi tra loro, che cercano di elevare il discorso sul calcio evitando snobismi e sottolineandone invece la dimensione popolare. Tanti i punti in comune. «Parlare di calcio con stile», l'intento dei futbologi, farlo «sin gritar, con buen gusto y con profundidad» quello estremamente simile dei giornalisti di Revista Libero. E se i primi tengono a precisare che a Fútbologia «niente maestrini, niente intelligentoni», i secondi avvertono i lettori che non avranno a che fare con posati intellettuali: «Pero no crean que los creadores de esta revista son unos filósofos que se sientan a ver la Eurocopa en el sofá en el que habitualmente leen a Cortázar». A  Fútbologia prevale però una connotazione sociale e politica (anche se tale approccio che inzialmente era dominante è andato perdendo centralità) mentre la rivista spagnola accentua quel carattere nostalgico che il progetto bolognese cerca di evitare. Ciò emerge chiaramente dalla spiegazione del nome scelto:
El libero es un defensa que ataca. En el ostracismo desde que el futbol se autodermina moderno, esta posición tactica es la unica capaz de enseñar a todo aquel que se acerque a este meravilloso juego a ver el fenomeno fuera de la caverna de Platón. Desde que este jugador desapareció de las pizarras de los vestuarios en favor del doble pivote, pongamos que en los años 90', el deporte ha caminado al galope hacia la banalización. El aficionando, a veces, solo se aproxima a un bombardeo de imagenes reflejadas el la pared platoniana. [...] El primer ejemplar de Libero busca en el pasado para revitalizar las emociones de este deporte.
Altra differenza fondante riguarda il finanziamento del progetto: fin dall'inizio Fútbologia ha scommesso sul forme di finanziamento dal basso, mentre Libero ricorre più tradizionamente ad uno sponsor, ovvero Ganso", marca di vestiti madrilena. Nel farlo distribuisce in maniera non invasiva ma al contempo un po' subdola tutto la pubblicità della rivista in una sezione apposita chiamata "Vestuarios", considerata semanticamente e graficamente alla stregua delle altre sezioni contenenti gli articoli ("Gradas", "Hierba", "Actas").




Fra pochissimo prenderò il treno per Bologna. Durante il viaggio mi rileggerò qualche pezzo da Revista Libero n.1 per allenarmi al *giorno intero a parlare di pallone* che mi attende l'indomani con gli amichetti di twitter, alcuni dei quali vedrò dal vivo per la prima volta. Servirà pure a questo l'allegro e ribelle simposio futbologico.


Si può parlare un altro calcio.
I bei tempi non sono mai esistiti.
Abbiamo un piano. #Fútbologia
 


Francesco Spè

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